giovedì, dicembre 15, 2011

Il professor Reuven Feuerstein in Video Conferenza alla Fondazione Betania di Catanzaro


martedì, agosto 16, 2011

Reuven Feuerstein candidato al premio Nobel per la pace

L'associazione ha pensato di dare il proprio appoggio alla candidatura del Professor Feuerstein al premio Nobel per la pace inviando alla commissione il seguente documento:

Che cosa si intende per pace?


In ebraico pace è Shalom, che contiene in sé il concetto di completezza.

La pace è un obiettivo da raggiungere, il punto di arrivo di un percorso che prevede maturità ed equilibrio.

La pace intersoggettiva è raggiungibile solo se i singoli soggetti hanno prima raggiunto il personale punto di equilibrio.

E’ in sintonia con questo concetto che il pensiero di Reuven Feuerstein si è posto, fin dal primo momento, all’avanguardia nella panoramica mondiale.
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Il professor Feuesrtein riceve da Jael Kopciowski
e Marina Rodocanachi l'attestato di membro onorario
dell'Associazione Una Chiave per la Mente
insieme al Dottor Gouzman.
Credendo, da sempre, nel valore dell’essere umano e nella modificabilità cognitiva, Feuerstein propone un intervento che integra gli aspetti cognitivi,
affettivo/emozionale, relazionali e sociali nell’ottica della condivisione e della comprensione reciproca.

Rivoluzionario e controcorrente 50 anni fa, il suo pensiero è oggi ampiamente dimostrato dalle ricerche in ambito neuro scientifico.

 La rilevanza scientifica della “mediazione" psico-pedagogica da lui elaborata e messa in atto, il significato sociale dei suoi interventi educativi in favore dei soggetti deboli, marginali e in difficoltà di apprendimento, l'ampia diffusione del metodo congiunta ad un crescendo di consensi di studiosi di varia estrazione e collocazione, fanno dello studioso israeliano una delle figure più significative e autorevoli degli interventi contemporanei a favore dello sviluppo individuale.

Il percorso soggettivo, stimolato e sostenuto dal suo approccio, può avvicinare a quel concetto di “completezza” in cui sono compresi equilibrio e serenità interiori, punti di partenza per il raggiungimento della pace con se stessi e con gli altri nel rispetto della libertà altrui, delle culture diverse dalla propria, dell’umanità tutta.


Per Reuven Feuerstein il concetto di “mediazione” è un principio universale che può essere insegnato e appreso da tutti gli esseri  umani in qualsiasi condizione di vita (dalla disabilità, ai conflitti culturali o etnici, dal disagio sociale alle relazioni tra esseri umani).
Un requisito alla base della formazione dell’essere umano per renderlo persona in grado di interagire con il proprio prossimo.

Pace intesa quindi a partire da una reale capacità dell’essere umano di essere in pace con gli altri in qualsiasi condizione di vita.

 Reuven Feuerstein, diffondendo i suoi principi in ambito mondiale e formando alla capacità di mediazione centinaia di migliaia di persone in tutte le nazioni, si è mosso a partire dalla diffusione del concetto di pace nel singolo essere umano, con una costante attenzione ai più deboli, come testimoniano le sue attività nell’ambito dell’educazione dei bambini e dei giovani con difficoltà cognitive, comportamentali e di adattamento sociale.

Le nostre esperienze confermano tanto nell’ambito clinico della disabilità, quanto in quello sociale del disagio l’efficacia della metodologia


domenica, luglio 24, 2011

... che io possa tentare con tutte le mie forze!



“Che io possa vincere ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze!”
  Luciana Sardo
Questo è il motto degli atleti che il 6 giugno si sono ritrovati a La Spezia per partecipare alle Special Olympics Italia.

Si tratta di oltre 2000 atleti appartenenti alle società sportive ed ai sodalizi accreditati a ‘Special Olympics’ e provenienti da tutta Italia per dare prova delle proprie capacità. Le discipline coinvolte sono state: calcio, ginnastica artistica, ginnastica ritmica, nuoto, atletica leggera, basket, tennis, bowling, golf, bocce e canottaggio.

I giochi nazionali sono stati inseriti dalla Prefettura di La Spezia nei festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia per gli alti valori che possono trasmettere alla cittadinanza e ai giovani.

Un piccolo gruppo di 4 atleti di Trieste ha partecipato per la specialità del canottaggio: Patrizia Brandolin, già presente alle Special Olympics dello scorso anno sempre a La Spezia, Giorgia Tomizza , Giovanni Skerl e Matteo Riosa .

Il viaggio è stato organizzato in modo tale da favorire l’integrazione dei ragazzi e anche dei genitori, per questo abbiamo scelto di viaggiare tutti assieme usando un pulmino a nove posti anziché ognuno la propria macchina. E i ragazzi, ma anche gli adulti, si sono divertiti molto sia all’ andata che al ritorno benché il viaggio fosse piuttosto lungo.
A La Spezia abbiamo vissuto emozioni intense sia per le gare sia per l’affascinante cerimonia di apertura .Come vuole il protocollo olimpico abbiamo sfilato per la via principale , assistito all’accensione del tripode , alla lettura del giuramento, alla proclamazione dell’apertura ufficiale dei giochi e al bellissimo e coinvolgente  spettacolo composto di giocolieri, ballerini, cantanti  e comici,  intervallati da discorsi di personaggi autorevoli che, ognuno in maniera diversa, davano il benvenuto ed il loro saluto agli atleti, ai partners, ai familiari e agli accompagnatori .

La chiusura di questa serata evento si è  svolta sulle note di un complesso famoso come i “Nomadi”, e con gl’ immancabili fuochi d’artificio.
I ragazzi erano entusiasti.
Il giorno dopo la prima gara di canottaggio prevista alle 9 del mattino, è stata rimandata al pomeriggio causa il brutto tempo. La pioggia, è il caso di dirlo, scendeva a dirotto e non lasciava molte speranze per cui abbiamo approfittato per andare un po’ in giro e conoscere paesini famosi come Porto Venere e Lerici.

Alle 15 precise del 7 giugno eravamo sul campo: in quel momento non pioveva e le gare hanno avuto inizio. Due ragazze hanno fatto parte dello stesso equipaggio come atlete: Giorgia capovoga e Patrizia, al numero tre dell’imbarcazione “coastal rowing”, contro  altri due  equipaggi  femminili. Siamo arrivate ultime o terze come dir si voglia, ma Giorgia in particolar modo ha dimostrato molta sicurezza nel mantenere il ruolo di capovoga. Per tutti  i 250 metri del campo gara non ha perso un solo colpo, ha portato avanti la sua gara dando esempio a tutti gli altri partecipanti. Anche i ragazzi Matteo e Giovanni, che vogavano in equipaggi misti composti da atleti di Trieste e di Roma, hanno svolto molto bene le loro competizioni .Giovanni ha potuto condividere la gara con il padre e anche lui ha avuto l’opportunità di stare al primo posto in barca mentre Matteo ha vogato sotto una pioggia torrenziale che ovviamente lo ha “lavato “da capo a piedi. L’unica che ha fatto molta fatica è stata Patrizia perché non stava  bene causa  un forte raffreddore.
A causa del brutto tempo le gare, che avrebbero dovuto svolgersi in tre giorni, si sono svolte tutte in un pomeriggio comprese le premiazioni.

Sono state premiate tutte le ‘divisioni’ (così sono state definite le batterie eliminatorie, non escludendo alcun equipaggio), primi, secondi e terzi posti
I ragazzi sono andati a prendere la propria medaglia chi particolarmente fiero di salire sul podio, chi più timido ed impacciato: qualcuno ha persino  pianto! 

L’importante era, come sempre, essere li a condividere un lavoro svolto nel tempo, una capacità acquisita e riconosciuta non solo dai propri genitori e persone vicine, ma anche  da persone estranee .Questo incontro ha  dato la dimensione del proprio ruolo e delle proprie capacità, amplificando anche la voglia di fare, ancora meglio.
I ragazzi si sono sostenuti l’un l’altro  facendo il tifo per i propri compagni di squadra, aiutandosi vicendevolmente, preparando le barche, portando i remi e chi correndo a prendere quel qualcosa che all’ultimo, un attimo prima di salire in barca per raggiungere la partenza,  mancava.

Lo sport  e i giochi sono  mezzi che tutti usiamo non solo per migliorare  le nostre capacità, ma anche le relazioni con gli altri imparando a gestire anche il senso di competizione caricandolo di nuovi significati; il motto, che e’ diventato anche  giuramento dei giochi, lo dice molto chiaramente; “che io possa vincere ma se non riuscissi che io possa tentare con tutte le mie forze”. Si tratta di un impegno preso con se stesso, di una sfida con la propria volontà, di una intenzionalità che non lascia spazio alla casualità e che amplia  il senso di responsabilità.

L’integrazione la sensibilizzazione culturale dei cittadini per la valorizzazione delle abilità acquisite, assieme alle famiglie che sono le prime ad essere coinvolte, sono stati gli obiettivi che i giochi si sono prefissati e sempre si prefiggono tanto da metterlo “nero su bianco” nel progetto dei giochi olimpici .Per questo molta attenzione e spazio è stato dato ai famigliari con un  programma che ha messo a fuoco aspetti come il condividere le esperienze positive, sentirsi coinvolti in modo attivo perché l’esperienza dei familiari è sempre diretta, concreta e anche trainante.

Così è stato anche per il piccolo gruppo che da Trieste si è mosso per andare a far parte di un momento diverso, importante per tutti: per i genitori e per i figli .Tutti si sono messi in gioco, tutti hanno dato il loro contributo .

Nel nostro percorso di tre giorni abbiamo visto e vissuto il valore di un lavoro lungo assieme alle famiglie, assieme ai volontari operatori e a tutta la gente che ha semplicemente assistito agli spettacoli dello sport.


domenica, maggio 15, 2011

Quali sono le pietre miliari del pensiero efficiente?

Come possono i genitori promuovere una maggiore acquisizione di abilità di pensiero attraverso la propria relazione con i figli?

Come possono gli insegnanti utilizzare le proprie attività di insegnamento per favorire lo sviluppo cognitivo? Come possono le abilità di pensiero favorire lo sviluppo di capacità interpersonali, affettive e creative facilitando, di conseguenza, la consapevolezza multiculturale?

Pensiamo al bambino che viene al mondo e deve confrontarsi con l’enorme quantità di stimoli che lo accolgono non appena esce dal tranquillo guscio cui era abituato.
Le sensazioni che colpiscono i suoi sensi non gli vengono presentate né spiegate, non sempre viene guidata l’esplorazione, né facilitata l’individuazione delle relazioni esistenti tra elementi: è possibile che il mondo gli appaia un luogo estremamente confuso, caotico e, a volte, spaventoso. Per un lungo periodo potrebbe provare quello che Feuerstein chiama una “comprensione episodica della realtà”, ossia la percezione di una realtà formata da episodi isolati, separati e senza nessun nesso tra loro. Proprio per superare questo caos l’essere umano cerca di ordinare l’universo organizzando gli oggetti e gli eventi secondo relazioni e regole, ma per farlo occorrono tempo ed energia e l’intervento di un supporto educativo esterno. La figura di un adulto di riferimento è indispensabile affinché vengano acquisite le abilità necessarie a trovare “l’ordine” negli elementi, negli eventi, nelle situazioni con cui il bambino si deve confrontare: quando comincia ad individuare relazioni di causa-effetto, mezzo-fine, concomitanza o coincidenza, può fare i primi passi per prefigurarsi il futuro e, di conseguenza, adeguare il proprio comportamento alle aspettative esterne e/o incidere sull’ambiente per adattarlo alle proprie esigenze.

Tutti gli esseri umani apprendono attraverso due fondamentali strade: l’esposizione diretta agli stimoli e la guida di un mediatore. L’apprendimento mediato, che costituisce un tipo di interazione dinamica, è fondamentale per tutte le persone, almeno in certi momenti, ed è essenziale, soprattutto per chi deve affrontare problematiche specifiche, di qualunque natura siano: organiche, genetiche, ambientali. La mediazione orienta il soggetto a ricercare le connessioni tra l’evento che sta sperimentando ed altre esperienze simili ed a prevedere così le possibili conseguenze del suo operato; lo predispone ad acquisire consapevolezza, abilità, strategie e competenze che gli permetteranno di diventare sempre più autonomo nel diretto apprendimento dagli stimoli.

Il mediatore può intervenire identificando, scegliendo, predisponendo, evidenziando, semplificando o rendendo più complesse, ampliando o riducendo, aggiungendo o togliendo alcuni degli stimoli che raggiungono il bambino a lui affidato, in modo tale da farli diventare accessibili alla sua comprensione. Evidentemente non si porrà come una barriera tra il bambino ed il mondo esterno, filtrando tutto ciò che dall’ambiente giunge al fanciullo, il suo ruolo è proprio quello di individuare gli stimoli che hanno bisogno di essere adattati per renderli da lui utilizzabili nel migliore dei modi, e di focalizzare l’attenzione del bambino stesso sui dati rilevanti, suscitando in lui attenzione,  presa di coscienza, consapevolezza.

L’obiettivo finale di un buon mediatore è quello di scomparire, cioè di portare il soggetto a raggiungere un’autonomia tale da non aver più bisogno di essere guidato dall’esterno.

Ma ci sono alcuni aspetti della vita che sono accessibili solo attraverso l’opera del mediatore il cui intervento è indispensabile per raggiungere mete che costituiscono, contemporaneamente, obiettivi culturali e strumenti per l’acquisizione di abilità cognitive essenziali al buon funzionamento mentale.

Tra questi aspetti uno dei più rilevanti è sicuramente quello legato alla cognizione di tempo


“Rivivere il proprio passato significa rendere più saldo il proprio futuro” (Lurija)

Che cos'è il tempo?  La domanda ha affascinato l'uomo per generazioni e ha dato origine a definizioni mitiche, storiche, filosofiche, psicologiche, biologiche, fisiologiche, atomiche e co-smiche. Potremmo sostenere semplicemente che il tempo è ciò che l'orologio misura. Ma l'orologio con il quale il tempo viene misurato può  essere legato a fattori molto diversi tra loro:  può dipendere dalla rotazione della Terra, o fare riferimento ad aspetti strettamente personali come il battito del polso, o essere misurato sulla base di fattori esterni come lo spessore di un deposito geologico o il prodotto del decadimento radioattivo. Siccome l'uomo si muove al di là della divisione naturalistica del tempo ed esercita un controllo su se stesso e sulla natura, ha creato divisioni artificiali del tempo che non dipendono direttamente da fattori biologici, fisiologici o naturali e che hanno bisogno di essere condivisi e trasmessi. L'uso di intervalli di tempo artificiali e astratti influenza le funzioni cognitive umane in almeno tre modi.                                           

-          Dato che i costrutti che non hanno esistenza concreta e fisica non possono essere manipolati attraverso interventi di tipo motorio, il loro uso sviluppa la rappresentazione, una delle basi fondamentali del pensiero astratto.     

-          La percezione dei cicli e dei ritmi crea una consapevolezza delle leggi che sottostanno agli avvenimenti e stimolano la necessità di scoprire altre generalizzazioni, principi e leggi.          

-          La percezione di sequenze, successioni e ordine temporale incoraggia l'uso del passato e del futuro per governare le attività presenti. Sia gli strumenti astratti che concreti sono creati nel presente per interagire con il futuro.

Una delle più importanti caratteristiche umane è la prontezza a basarsi sul passato per prendere decisioni che riguardano il presente ed il futuro. La trasmissione del passato inizia con una semplice rievocazione e continua progressivamente verso dimensioni temporali più remote.

Il tempo è, in effetti, uno degli elementi più astratti dell'esperienza umana: esiste solo come espressione di relazione fra due unità. Queste unità possono essere due stimoli,  due avvenimenti, oppure due costrutti, può essere perfino che siano completamente separate dall'esperienza. La relazione fra esse può essere descritta come l’intervallo, la durata, oppure la transizione fra un'unità e un'altra in una successione.

A differenza dello spazio, il tempo non ha un’esistenza indipendente, è totalmente privo di supporti materiali o sensoriali. La continuità temporale non è reversibile, noi non possiamo ripercorrere i nostri passi e ricominciare da capo. Quando parliamo del presente questo è già passato. Un riferimento ad un tempo specifico è un riferimento a qualcosa che non esiste ancora o che non esiste più, se non nella memoria. Per rintracciare una relazione temporale è necessaria un'azione di ricostruzione interiorizzata; ed il futuro può solo essere anticipato attraverso una rappresentazione.
La capacità di orientare il proprio pensiero verso il futuro è frutto della nostra capacità di creare collegamenti tra passato e presente. Tutto ciò che è passato e che non sia frutto di un’esperienza personale, non può che giungere a noi attraverso le parole o gli scritti di chi lo ha vissuto; la capacità di ricostruire memorie, inoltre, non è un bene innato. I concetti temporali  rappresentano, pertanto, uno degli aspetti più legati alla funzione educativa del mediatore





La memoria è elemento necessario alla sopravvivenza. Il neurologo Oliver Sachs sostiene che è proprio la memoria a far sì che un organismo si adatti e sopravviva in un ambiente che è in costante evoluzione. La sopravvivenza di ogni organismo dipende dalla sua memoria.

Le  donne ricordano di più.

Il coinvolgimento e la partecipazione contribuiscono a ricordare: si ricordano meglio le cose di cui si è parte attiva, soprattutto se ci sono di mezzo le emozioni.

Alla National Academy of Sciences è stato fatto un esperimento in cui hanno partecipato uomini e donne adulte. E’ stato chiesto alle persone coinvolte nella ricerca di classificare un certo numero di immagini in base al grado di intensità emotiva che provocavano in loro. Nel corso della selezione i soggetti sono stati sottoposti ad una risonanza magnetica al cervello; il flusso del sangue, utilizzato come segno di reazione emotiva, è risultato molto maggiore nelle donne. A settimane di distanza è stato chiesto ai soggetti di riconoscere tra centinaia di foto quelle viste nel corso della classificazione. Ebbene i risultati delle donne sono stati decisamente superiori a quelli degli uomini, confermando l’ipotesi, da tempo sostenuta in vari ambiti sia psicologici che della neurofisiologia, che il coinvolgimento emozionale è determinante per la formazione di memorie profonde e durature.

Se poi il ricordo è legato ad una situazione di apprendimento, cioè se volontariamente predisponiamo la nostra mente a ricordare informazioni che dobbiamo/vogliamo imparare, predisporre il nostro animo a farlo in modo piacevole è uno stratagemma felice e proficuo.



In un testo di antica tradizione ebraica troviamo scritto: “Non si può apprendere in un luogo che è sgradito al cuore”





giovedì, aprile 07, 2011

Cronaca da Eboli di una Vittoria

Sul parquet di Eboli, la squadra allenata da Berniero Gallotta inanella il 4 risultato utile consecutivo e si conferma in testa alla classifica del girone F del Campionato Nazionale di serie B.


Tra i giocatori in campo Vincenzo Bardascino che regala al pubblico, proprio al termine della partita, la più sensazionale delle doppiette, finalizzando un’azione corale con un fendente rasoterra da destra a sinistra, colpendo nel segno per la seconda volta in pochi minuti proprio sul suono della sirena.

Nulla di strano. In ogni partita c’è una squadra che vince ed una che perde (se non pareggiano)

Ma in questa partita abbiamo un valore in più: vediamo qui attuata in tutta la sua potenza, l'Esperienza di Apprendimento Mediato, tramite un efficace utilizzo dei fattori prossimali (la modalità di approccio educativo), per attenuare se non addirittura eliminare i limiti imposti dai fattori distali (la presenza di problematiche oggettive).


L'allenatore ha creduto in Vincenzo fin da quando, piccolissimo, ha fatto capire che il suo grande desiderio era quello di pattinare come i suoi amici.

Metterlo sui pattini non è certo stata un'impresa facile: i fattori distali (cioè la presenza di una sindrome genetica importante) avrebbero dissuaso chiunque a tentare un’impresa che sembrava utopica, se l’obiettivo non fosse stato accompagnarlo nel suo desiderio di gioco e di crescita.

Certo le sue esigenze educative erano e sono effettivamente diverse da quelle dei coetanei, compagni di squadra, ma l’apprendimento delle tecniche di gioco è avvenuto attraverso un percorso, sebbene inconsapevole all’inizio, di esperienza di Apprendimento Mediato, ed fattori prossimali hanno avuto la meglio. Come dice Feuerstein: i fattori genetici non hanno l'ultima parola!

Tempi e modalità sono state attentamente adeguate alle necessità specifiche del bambino, permettendogli di apprendere attraverso i suoi ritmi, i suoi schemi motori, i suoi bisogni di rinforzo e rassicurazione.

Oggi Vincenzo ha 18 anni, è un ragazzo grande, forte, importante per la sua squadra come ogni altro suo membro.

L’esperienza di impegno e fatica, di rispetto delle regole, di pianificazione e tempismo, di relazione e mutua comprensione con i compagni di squadra, di lettura e previsione delle mosse degli avversari, di rispetto reciproco, caratteristici dello sport di squadra, ne fanno un adulto capace di adattamento e modificabilità, alla pari dei suoi compagni di squadra, superando il limite e il pregiudizio della disabilità.

Bravo Vincenzo e bravo lo Sport: insieme la disabilità si affronta e l’obiettivo è dare il meglio di se stessi nel campo, come nella vita!

domenica, febbraio 27, 2011

First Feuerstein Leadership Convention




Eilat 14-16 febbraio 2011.

Tre splendidi, intensissimi giorni per unire quattro continenti:
Asia, Africa, America ed Europa si sono incontrati per la prima "leadership convention".  

Una ventina di persone, attentamente selezionate per la loro vicinananza a Feuerstein e per le competenze acquisite nel tempo, sono state  invitate a confrontarsi sul passato, presente e futuro della diffusione del Metodo. Hanno partecipato membri dello staff, i coordinatori del convegno e rappresentanti di alcuni Centri Feuerstein.

Sotto la magistrale guida di Ivor Blumenthal sono stati trattati temi storici, ma attraverso l'attualissima ottica della comunicazione intercontinentale, della ricerca in ambito neuroscientifico, dell'ottimizzazione di risorse accademiche mondiali.

Il tutto nella stupenda cornice dell'Hilton che ci ha accolto con la professionalità caratteristica della catena, ed il calore caratteristico di Israele.

Calore umano molto, ma calore atmosferico relativo, se dobbiamo essere sinceri, perchè Eilat ci ha mostrato un lato poco conosciuto: temperature fresche, vento potente da sud e mareggiate!
Nonchè pioggia intensa nel deserto per tutto il viaggio di ritorno.

Il convegno ha gettato le basi, il grosso del lavoro dovrà essere svolto adesso,avendo come prossima tappa il workshop estivo in Olanda dove abbiamo l'incarico di arrivare con alcuni obiettivi già raggiunti.

Quindi ... BUON LAVORO!

L'affiatato team presente al Convegno


Cartello di benvenuto
all'ingresso dell'Hilton

Il profesor Reuven Feuerstein e Rav Rafi Feuerstein
 consegnano l'attestato di partecipazione


Eilat al tramonto







 
Nello studio del professor Feuerstein a Gerusalemme
il giorno dopo il convegno per discutere sui passi succesivi

lunedì, gennaio 31, 2011

“Chi sono io?” Il bambino alla ricerca della propria identità.


Le persone nascono con un’innata propensione al cambiamento: è un processo inevitabile, anche se spesso ne siamo ignari: perfino un adulto può non sentirne la piena responsabilità, i bambini di solito ne sono proprio inconsapevoli.


Nei primi anni di vita, quando l’ "Io" è ancora alla ricerca di se stesso, i bambini, per creare l’immagine di sé, si basano molto su quanto recepiscono dal mondo circostante, in particolare degli adulti significativi. Questo periodo viene definito l’ "Io allo specchio", nel senso che l’ "Io" si struttura su quanto viene letto negli occhi del referente. Se qualcuno vive in un’atmosfera che invia un messaggio implicito o esplicito, di inadeguatezza, crea di sé l’immagine dell’incapace, se, al contrario, percepisce fiducia nelle proprie possibilità, egli stesso creerà un concetto di sé come di persona abile ad ottenere successi. Quando i bambini sviluppano una serie di idee di “come sono” ci si adeguano.


Può succedere che chi si sente inadeguato assuma atteggiamenti di resistenza nei confronti di at-tività nuove, che rifiuti, quindi, proprio le situazioni che promuovono il cambiamento, rimanendo in quella che si potrebbe definire “zona comoda”, in cui il livello di competenza non viene mai mes-so in discussione. All’atto pratico, la “zona di distanza prossimale” è ridotta a zero.


Ogni percorso educativo comporta l’assunzione di qualche rischio.
Non bisogna prefiggersi come obiettivo, per il rinforzo dell’autostima, di guidare una persona a seguire un percorso completamente privo di errori, perché ciò sarebbe fuorviante ed innaturale. Ciò che effettivamente aiuta ad aumentare la fiducia nelle proprie possibilità è il senso di competenza, cioè la consapevolezza di possedere gli strumenti cognitivi ed affettivi necessari ad affrontare e superare le difficoltà.

Incontrare uno scoglio,
incorrere in un errore e riuscire a superarlo fornisce una sensazione di successo molto maggiore che affrontare con facilità un percorso ovvio e poco stimolante.






Mediazione della Coscienza della modificabilità.

Feuerstein attribuisce al concetto di Modificabilità un tale rilievo da considerarlo il primo, fon-damentale postulato della sua teoria. Egli sostiene, infatti, che un educatore entra pienamente nel proprio ruolo quando condivide l’affermazione: “Gli esseri umani sono modificabili in meglio ed io sono in grado di modificarli”. Nella presentazione dei “Criteri della mediazione”, viene dedicato uno spazio particolare a promuovere la trasmissione della coscienza della modificabilità, elemento essenziale per la promozione di uno sviluppo armonico e, soprattutto, autonomo e consapevole.


La coscienza della Modificabilità può essere promossa evidenziando l’esistenza del potenziale dinamico che predispone al cambiamento e sottolineandone l’importanza ed il valore. Può essere paragonata alla capacità di stendere un grafico che riporti i propri successi ed i propri fallimenti. Il grafico disegnato fornisce un’indicazione del percorso che si sta seguendo, riportando le fluttuazioni positive e negative che sono individuali e dipendono dal contesto e dalla propensione personale. I tratti in discesa fanno parte del percorso e sono preliminari a futuri, nuovi progressi.

E’ più facile che una persona utilizzi al meglio le proprie abilità mantenendo i propri progressi, acquisendone di nuovi e trovando energia per superare gli insuccessi se:


 riceve sostegno e incoraggiamento dagli altri
 è consapevole fin dall’inizio che cosa può rendere difficile il lavoro
 si pone obiettivi realistici ma abbastanza complessi, facendo un passo alla volta
 dedica del tempo a godere dei benefici degli obiettivi raggiunti
 è capace di concedersi delle lodi e dei riconoscimenti da solo (non si basa solo sugli altri per notare i progressi e valorizzarli)
 capisce che il fallimento è una parte del processo.
 Vive positivamente i richiami degli adulti, rendendosi conto che non sminuiscono la fiducia che essi ripongono in lui.


Facciamo l’ipotesi di dover richiamare un bambino a causa di un suo comportamento inadeguato o di dover correggere degli errori da lui commessi, come possiamo comunicarglielo senza ferire la sua personalità ed incidere sulla sua autostima?


Innanzi tutto è necessario inviare chiaro e forte il messaggio che si critica un comportamento specifico ma che egli, come persona, viene valutata sempre positivamente. E’ proprio la fiducia che si ripone nella sua capacità di migliorare, nella sua modificabilità positiva, ciò che ci spinge ad intervenire: se non fossimo convinti delle sue potenzialità non cercheremmo di dargli indicazioni.
Esplicitiamo la fiducia che riponiamo in lui e parliamogli delle opportunità che avrà per dimostrarci quanto è bravo, ricordandogli qualche sua precedente attività di cui siamo molto fieri.
Parliamo dei nostri sentimenti, sia quelli negativi, limitati in termini di tempo ed intensità e direttamente provocati dal suo attuale comportamento (tristezza, disappunto, delusione…) sia di quelli positivi, ampi e generali, che sono sempre presenti (affetto, fiducia, aspettative….).


Sentire intorno a se un’atmosfera di accettazione attiva e di fiduciosa aspettativa nei confronti dei suoi futuri cambiamenti lo aiuterà a “mettersi in gioco” di fronte ai rischi che un percorso complesso inevitabilmente comporta.


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